Libro Settimo. 391 quel fuoco, cheinccnerillo. Nè il Reggimento Vene-tiano concorfe alla fua morte, fe non forzato da’ Paefàni, che vollero in ogni conto la crudele ièntenza. Che dentro à due panni lini fuife afcofta la pcfte, può effere, ma-» come il Seruitore non hebbe prima il morbo ? Come nel-lanaue, cheportolli, non vi eraiègno di male ? Ioper me, più tofto credo, che dall’Italia infetta valicaflè l’angue velenofo à Corcira, la quale alle humane aggiuniè le diligenze Diuine,per ifcacciarlo da fuoi confini. S. Spiri-dione, c’hauea nella fua vita dominio fopra i ferpi fino à cangiarli’n oro, fu inuocato ; à lui huomini, donne, vecchi, e fanciulli ricorfero, con lagrime à gli occhi, e co’ fo-fpiri alla bocca, chevfciuano dall'interna diuotionedel cuore: e il Santo con le fue preghiere ottenne da Dio la, gratia, che con la morte di foli feflànta ,e non più, fi fece palefè nel giorno delle Palme del 16 3 o. Le Palme porta-ron vittoria, e con vnafolenncproceifionefu condotto il Corpo di Spiridione in trionfo: che trionfo fù per gli addobbi, le tapezzerie delle ftrade, i veiTilli, le bare, e il numero immenfo delle perfòne. Ogni anno, nello ftefso giorno, con la medefima fòlennitàfi celebra la memoria del fauore riceuuto dall’Altiifimo à interceffione del Santo, il quale nel tempo del contagio apparue à molt’infer-mi,e loro promifèfalute;e fui fuoTemplo fefempre vedere vn lume à forma di lanterna, ofìeruato ogni notte dalle fentinelle delle Fortezze. Si raccolfero da cinque mila ducati , per tante grafie, e applicaronfi ne gli abbellimenti della Ch ieià, che chiude l’offa di colui, che non è mai duro alle fuppliche de’ Corfioti, oifequiofi adoratori de’fuoi meriti fin^olari, Ma