PREMESSA IX terraferma, ma che urtava facilmente contro formidabili obiezioni, troppo debolmente prevenute, per i lavori da compiersi in territorio prossimo alla laguna (1). Nel Sabbadino invece la difesa della laguna è tutto ; il mantenimento della sua integrità è la preoccupazione costante del tecnico nella risoluzione dei singoli problemi idraulici; l’ampiezza della superficie lagunare e la libertà di movimento delle acque salse sono in lui due canoni, ai quali si deve portare il maggior rispetto. Perciò sostiene il principio di impedire la commistione delle acque dolci e di quelle salse in laguna, causa di rapido interrimento ; in conseguenza di ciò difendeva non solo l’idea, del resto condivisa dalla gran maggioranza, di estromettere dalla laguna il deflusso della più gran parte delle acque dolci, specialmente dei corsi maggiori, ed anche quella di far rimontare gli effetti dei movimenti delle acque di marea entro il continente quanto più fosse possibile, per ridurre al minimo le influenze dall’azione alluvionale in laguna. Egli era acerrimo nemico dei propositi, più volte espressi e spesso attuati, favorevoli alla costruzione di arginature lungo il lembo della terraferma, come quelle che ostacolavano il ritmico movimento delle acque salse ; non era nemico dell’opera di bonifica, di cui riconosceva l’utilità, non però a carico della laguna, sia in forma diretta, con allargamento della superficie coltivata nell’ambito della laguna, sia in forma indiretta riversando il deflusso degli scoli d’acqua dolce in laguna. Per il mantenimento dell’integrità della laguna propugnava l'escavo degli scoli sfocianti in laguna, a tal punto che fossero dominio non dell’acqua dolce con l’apporto di tutto il materiale della terraferma, ma delle acque salse, e fossero veicolo a queste per risalire entro quella. Da questa diversità fondamentale nel modo di considerare la funzione della laguna discendevano come corollari conseguenti le grandi disparità nell’apprezzamento dei problemi e nelle formulazioni delle soluzioni pratiche. Di qui la diversità nei punti di vista della sistemazione della idrografia del retroterra per diminuire il deflusso di acque dolci in laguna ; così un insanabile contrasto nei limiti da accordare ai territori di bonifica, immediatamente adiacenti alla laguna; così una decisa opposizione intorno all’oppor-tunità o meno di costruire argini al limite della terraferma; così in tutti gli altri problemi anche minori. In questo dissidio fondamentale si deve ricercare la spiegazione dell’antitesi teorica, che si riflette nei trattati rispettivi, nata non per un processo di pura speculazione intorno a principi astratti, ma dagli insegnamenti dell’esperienza, metodicamente raccolti ed elaborati e sottoposti a severa critica. Perciò lo studio delle scritture particolari non solo danno una idea del comportamento del problema generale di fronte ai singoli fenomeni, non solo ragguagliano della valutazione dei singoli fattori, non solo rivelano le soluzioni proposte o adottate nei singoli casi, ma anche permettono di seguire il progressivo evolversi del pensiero degli autori. Traverso il processo di metodica esegesi, traverso quello di approfondire i vari problemi nella loro esigenza pratica e nel loro aspetto tecnico, traverso lo sforzo di avvicinare la teoria alla pratica con rettifiche, correzioni e integrazioni, traverso l’abbandono delle parti caduche e lo sviluppo di risultati sempre più sicuri, che alla fine diventano acquisiti, si riesce a una migliore intelligenza e a una migliore interpretazione delle conclusioni ultime. * * * Il Sabbadino forse esagerò, quando attribuì al Cornaro progetti di sistemazione contrari e dannosi alla buona manutenzione ed alla conservazione di un sano regime (i) Cfr. Campos, I consorzi di bonifica nella Repubblica Veneta, Padova, Cedam, 1937, pp. 15 sgg.