IX. 301 Teatro Apollo. — Ettore Fìeramosca, musica del maestro C. Quaranta,, poesia del sig. Gallia (*). Ogni cosa dovrebbe aver sua stagione. L’ opera seria con la pesante sua gravità, col suo fasto, con quell’ immenso corredo di bande, di comparse, di cori, di manti, d’ arme e d’armati, co’suoi strepitosi fragori, è uno spettacolo sì complesso, sì pieno, che v’ empie il capo, vi pesa addosso come un fardello, e vi fa sudar a grosse gocce la fronte anche senza 1’ aiuto della stagione. È uno spettacolo eminentemente d’inverno, del tempo in cui non pesan le vesti, e paiono le pellicce leggiere. D’estate s’ a-ma il fresco, il verde, la natura campestre, le miti passioni d’Amina, d’ Adina, le facili pruo-ve del Dulcamara e dello Scaramuccia, tutte le cose infine lievi, leggiadre che non v’ afFannan col peso, e si comprendono senza troppa grande contenzione degli umani intelletti. Pure il maestro Costantino Quaranta, con- (*) Gazzetta del 4 giugno 1839.