70 BULGARIA roglifici venerandi. Il berretto — questo stranissimo distintivo dei popoli balcanici — conferma che siamo entrati in Bulgaria. I montenegrini portano tutti la capa; i serbi hanno copricapi di varie foggie, dal berrettone con visiera larga alla calottina pelosa del pastore; i bulgari hanno una casquette in lutto simile a quella dei mujiks russi. Non vi è possibilità di errore. Siamo nel regno dello Zar Ferdinando. L’espressione d’Oriente fila a traverso la pianura che si allarga appena ci avviciniamo a Sofia. Nella grande estensione della terra nera e feconda, lavorata da innumeri coltivatori, la capitale sta. Abbiamo attraversato venendo a lei, al di là e al di qua della frontiera, Pirot e Slivnitza, i campi di battaglia in cui si manifestò la prodezza e l’intelligenza del primo principe di Bulgaria, Alessandro di Battenberg, quando ruppe improvvisa la guerra contro la Serbia. Più lontani sono altri campi di battaglia famosi, sui quali la Bulgaria meritò più di trent’anni or sono la propria indipendenza con l’aiuto della Bussia protettrice possente: Plew-na e Schipka, nomi epici nella storia militare recente. Sofia, la capitale moderna, pare vigilata ad oriente e ad occidente da questi campi di battaglia e nella grande calura solare pare esali il suo spirito a traverso la terra nera delle