Navigando nell’Adriatico 25 compagni devoti e li ha salutati con fervore. Mi piace imaginare ch’egli vada tentando qualche audace impresa, poiché ha nell’atteggiamento e nella parola qualcosa di misticamente forte. Viene da Trieste con lo spirito alacre e con lo sguardo acceso : ha con sè opuscoli popolari contro i turchi, sbarcherà in Albania. — E non è il primo — mi dice in confidenza il comandante — che conduciamo laggiù, dove troveremo al ritorno altro carico : ufficiali e soldati turchi che disertano. Disertano ogni settimana a diecine ; li imbarchiamo in Albania e li sbarchiamo a Cattaro demoralizzati ; non fuggono per viltà ma non saprebbero come battersi. La rivoluzione quaggiù dura da mesi, sedata invano a intervalli. Or è un mese a San Giovanni di Medua si combatteva fra regolari ed insorti; le palle fischiavano sulla tolda del mio piroscafo; non avemmo il permesso di sbarcare passeggeri. Questo accade, in Albania, ogni giorno. E la Turchia non se ne dà per intesa. È la Turchia: quella stessa che ci lascia navigare per tutte le sue coste tenendo spenti da undici mesi i fari, poiché non ha una flotta che sappia vigilarli. o — meglio — perchè non vuole averla. E intanto la navigazione sulle sue coste è dimezzata; pochi forestieri s’arrischiano a giungere fino a Costantinopoli.... — E questo capitano istriano, che comanda un vapore austriaco sapendo appena qualche pa-