L’eredità della guerra 201 L’amico ha acceso filosoficamente una sigaretta, e ha guardato il buffetto di fumo con voluttà. «Se non sbaglio, voi mi avete detto d’essere stato a Tripoli. Ci sono andato anch’io, mentre risiedevo alla corte del Sultano, a Costantinopoli. E a Tripoli ho notato che voi europei adoperate con l’arabo un’altra parola, a preferenza del fisa, fisa (in frelta, in fretta). Dite di continuo : barra, barra (scostati, via). C’è una differenza di gradazione ; l’arabo lo allontanate violentemente, -per noi vi fermate alle sollecitazioni. È la gradazione dovuta alla di-i versa latitudine, ma, sostanzialmente, voi lottate contro la lentezza tipica dei vostri confinanti d’oltre mare». \ E l’amico mi ha condotto cosi, tacitamente, fuor del giardino. Il suo atteggiamento era perfettamente tipico : l’albanese rivela il proprio carattere nella umiltà con cui riconosce di non poter far nulla senza l’aiuto dell’Europa. «Se verrete un altro giorno da me, e mi permetterete di parlarvi di poesia, vi dirò le parole di Omar Kayyam — il poeta persiano dello scetticismo epicureo e del pessimismo. È la mia guida. Voi vivete nella folla e nella fretta, noi nella calma e nella solitudine. «Non tendete implorando le mani a quella riversa coppa che si chiama cielo, giacché essa si svolge con la stessa impotenza di voi e di ine». Della nostra Religione che cosa rimane quassù? Il fatali-