164 ALBANIA colline che lo circondano, chiazzate di tende bianche innumerevoli, dai casolari che s’incontrano subito fuori del villaggio, scendono ogni sera a gruppi i soldati per chiedere: — Quando? — La loro attesa non è nervosa nè rumorosa come quella degli occidentali; sentono la risposta, ne godono negli animi straziati da sette mesi e ritornano con passo lento all’attesa fatta più corta. Volete sentir cosa che vi parrà da nulla e che pure esprime lo stato atroce di desolazione in cui vive questo esercito, premuto dal-l’incubo di sette mesi? Dovunque ho visto nella mia cavalcata e nella mia sosta a Fieri un soldato turco, non ho mai visto nè un sorriso nè un riso. Peregrinando così nei dintorni, a sera ci è apparso sul piccolo dosso di una collina un ufficiale a cavallo, di nobilissimo aspetto. L’ufficiale scendeva per l’ultima volta dal campo di Alì Riza, reggeva lentamente la briglia del cavallo, si profilava sullo sfondo chiaro del cielo nel tramonto che moriva. Ci ha guardati, noi l’abbiamo guardato, e contemporaneamente sono corse queste domande : — Giornalisti italiani? — Sì. — Il colonnello dello stato maggiore? — Sì. È il colonnello Rescid Galib Bey, che partirà per l’Italia fra poco. E siamo ritornati insieme alla casa ospitale di Omer Pascià, do-