“Laggiù, dietro i/uei monti....,, I.e grandi imprese hanno bisogno di queste tempre. E devo dire con orgoglio che l’Italia ormai ne novera parecchie, cui potrà affidare domani le sorti del suo nuovo impero. Nè meno mirabile esempio di devozione a un’idea mi hanno offerto i giovani ingegneri della Compagnia d’Antivari, i quali vivono quasi fuori del mondo, laggiù nella piccola Pristan che si apre sulla rada, e che soltanto il breve mare separa dall’Italia, pur tanto idealmente lontana. Si può chiamare devozione a un’idea anche questa, poiché l’impresa commerciale ed economica che vive del loro lavoro ha, per la espansione del nostro paese, tutta la nobiltà di un grande ideale. Sono stato loro accanto ad Antivari tutta una sera, e — inavvertito — ho potuto« conoscerli meglio, e sentire gli sfoghi della libertà e della giovinezza domate in quel luogo d’esilio. Ricordo le parole nostalgiche che fiorivano loro sulle labbra ad ogni ricordo d’Italia, ad ogni pensiero d’amore, e la saldezza fraterna con cui sentivano di dover rimanére insieme in quel duro posto di lavoratori oscuri. A un tratto la melanconia della sera e la nostalgia della casa ha preso veemente uno dei giovani, che si è recato al pianoforte dell’albergo, e ha incominciato a tentare i tasti con mano leggiera.... Dopo pochi minuli tutti gli erano accanto e pareva affidassero la loro anima nostalgica a quella sonante melodia....