Navigando nell'Adriatico 21 nuneiatore del trattato di Campoformio, quasi volesse uccidere in lui il proprio destino ; ecco Pirano e Parenzo e Rovigno. Trieste è lontana ormai, lontanissima: la si indovina oltre la punta di Salvore, coronata ancora di baleni nella notte tempestosa. Gran vento di bufera viene dal Regno, vento di ponente. È notte : due vele in caccia fuggono verso la riva ; lo stormo di gabbiani che ci ha inseguito a poppa per lunghe ore è scomparso nel vento. E la Dalmazia ci è venuta incontro stamane con il mattino. Si crederebbe, navigando nello specchio d’acque placido che si apre fra isola e isola, fra il continente e le lingue di terra, di seguire lentamente la corrente benigna di un gran fiume, della riviera del sogno e dell’oblio. Eppure, ogni qualvolta il piroscafo attracca al molo, il divino spettacolo della natura pare attenuato da un’ombra che non so definire. Parrebbe che tutta la storia di Roma e di Venezia e d’Italia dovesse aver posto radici quaggiù, da Spalato gloriosa per il gran nome imperiale di Diocleziano, a Sebenico che vide nascere un italiano tanto esperto nelle finezze della lingua da dettare il famoso libro dei sinonimi più sottili : voglio dire Nicolò Tommaseo.... Ma in realtà soltanto il leone di San Marco ha lascia to quaggiù la sua impronta. E ricompare di sotto l’architrave duna chiesa, sulla facciata