I rivoluzionari macedoni 83 riamente suggestiva per noi latini. Non inni a voce spiegata lungo il percorso, non vociare ininterrotto di giovani; ma una grande folla compatta preceduta dalle bandiere nere delle società macedoni, e da cartelli con motti incitatori: Guerra e sangue! Marciamo su Adria-nopoli — Voina, voina! (Guerra, guerra)' Si direbbe che questi bulgari silenziosi scrivano sulla carta le parole di sfida che non vogliono gridare, perchè siano imagine più sicura di un giuramento indelebile. Soltanto, di minuto in minuto, una triplice salva di urrah, che s’intensifica quando dalla Slavianska Besseda, dal parlamentino rivoluzionario, escono i seicento delegati del comitato nazionale. E finalmente si accende, diventa quasi entusiasmo latino quando nella piazza della Libertà l’onorevole Papoff deputato di Filippopoli arringa ¡1 popolo dal piedestallo del monumento allo Zar. Un urlo non umano risponde alla sua invocazione: Ras piata, vendetta! E mille volti guardano verso il museo vicino dov’è custodita la prima bandiera dell’indipendenza bulgara col motto Libertà o morte. Poi, improvviso silenzio. La musica intuona l’inno imperiale russo davanti all’imagine dello Zar liberatore. La folla intera si scopre il capo, s’irrigidisce, ascolta le note gravi con religione, inebriandosi del suo stesso silenzio. La figura dello Zar liberatore si profila sul cielo nettis-