28 qualche modo fallì, il teatro rimase, e il Canal grande, illuminato dal più sereno raggio di luna, coperto d’ un numero infinito di battelli e di gondole, che si striglievano dietro e d’intorno alla mobile orchestra ; i suntuosi palagi, que’ sublimi giganti delle acque, i quali, quasi spettatori sulle rive in ascolto, schiudevano all’ aure e a’ concenti l’imposte, e s’ agitavano di persone, presentavano un quadro sì immaginoso e ineffabile, eh’ ei bastava, senz.’ altro incanto, quel della musica, a sè medesimo. E mentre qui si sonava, alla Società Apollinea, in onore della sagra di S. Gaetano, si sonava e danzava. Se non erano i canicolari bollori, si sarebbe detta la festa della primavera, così la gioventù e la freschezza vi dominavano. Gli uomini, i quali, per correzione di più dura parola, si chiaman posati ; i padri, i zii, che s’erano fatti scorta alle rispettive figlie e nipoti, miravano con un senso d’ ammirazione, e forse d’invidia, il coraggio e il calore, veramente il calore, con cui esse insultavano a’ furori della stagione, nel geniale esercizio : ammiravano, e per loro si facevano fresco. Però 1’ ampie ed aperte invetriate, la misurata e non pertanto splendida illumina-