140 gnifìcata in un duetto tra Macbeth e la moglie, d’ una proprietà ed efficacia, che giugne quasi al potere della parola. Sublime è la melodia, più sublime ancor 1’ artifizio, con cui è studiato il lavoro degl’ istrumenti. L’ atto si termina in un finale grandioso, così pel concetto, che pel vasto e industrioso ordimento delle parti diverse. Il coro de’ sicarii, a voci scoperte, e con ingegnosissimo contrattempo ; la bacchica canzone di ledi Macbeth al banchetto, il recitativo obbligato di Macbeth, e quel tutti sì intrecciato, sì vario, sì stupendamente condotto, che termina il second’ atto ; tutto il coro delle streghe e la scena e grand’ aria delle apparizioni, che compongono il terzo ; 1’ altra, in cui la scellerata regina, dalla memoria del delitto percossa, cammina sognando, e inorridisce alla vista di quella macchia, che tutte 1’ onde dell’ Oceano non potrebbero dalla mano detergere : tutti questi son luoghi d’ incomparabil bellezza, mostrati con tutta la filosofia del sentimento e dell’ arte. Quanto agli attori, con nostra mortificazione, il sesso più debole, come non di rado suole avvenire, apparisce il più forte. La Boc-