213 sua. Egli in sè univa la doppia luce della gloria e della ricchezza ; accoppiava lo splendor delle lettere al mirabile dono della pittura. Nello studio degli storici e dei poeti latini, egli aveva al bello educata la mente ; e spesso, mentr’ ei pingeva, altri leggevagli alcun tratto di Plutarco, di Tito Livio, di Tacito, di Omero o Virgilio, ne’ cui sublimi concetti ispiravasi. Il grido, che, con le molte sue opere, aveva di sè levato in Italia, e a Roma in ¡specie, indusse 1’ Arciduca Alberto e la sua sposa Isabella, allora signori de’ Paesi Bassi, a chiamarlo nella propria Corte a Brusselles, dove gli assegnarono generosi stipendii e lo insignirono della chiave di lor ciambellano. Isabella, che aveva conosciute tutte le peregrine qualità del vario suo ingegno, lo additò a Filippo IV, suo padre, nelle differenze, che a que’ dì sussistevano tra le Corone di Spagna e d’ Inghilterra; e questi appunto gli affidò il geloso mandato di trattar della pace con Carlo I : pratica, da lui condotta a termine con sì fino accorgimento, eh’ ei n’ ebbe singolari onori e presenti dallo stesso re Carlo, a cui era oltremodo piaciuto e come sommo pittore e come legato. Più altri, e non rnen