327 dall’ indebito obblio quel sublime capolavoro, quel poema sacro, o qual altro appellativo maggiormente significa ciò eh’ ha di più grande e perfetto nell’ arte : il Mosè, infine, che da ben diciassett’ anni più non u livasi. Egli è che la musica di quel gran Mago, che gittava al mondo que’ suoi immortali portenti, allacciandosi, a rigor di parola, il farsetto, quella musica bisogna cantarla. Il canto era per lui il canto, eh’ è come dire l’armonia significata dalla voce, e quand’ egli t’invitava a una cavatina, a un duetto, a un terzetto, e’ voleva che sentissi il suo, il musicale concetto, e non quello mal pensato, e peggio espresso da un poeta qualunque, il Toltola p. e. od il Fiacchi, dalla nota soltanto aiutato. Oh ! veramente i nobili versi, degni da eternarsi con le divine armonie, pari a’ seguenti : Paterno Iddio ! rivedrem noi coi figli [ nostri padri, i sposi ! Ei scriveva la musica per la musica; e la bellezza di quella è appunto riposta nella vivace novità de’ motivi, nella ingegnosa originalità delle armoniche sue combinazioni, nelle larghe e splendide forme del canto, che mirabilmente conferiscono all’ artifizio d’ una perita esecu-