171 la musica toglie il vanto alla poesia; ma l’uditorio è molto di loro contento. Al Malibran corrono i cavalli, saltano e giostrano i cavalieri, fan cose miracolose di forza e destrezza due clown, uomini non formati, come siam noi, d’ ossa e di polpa, ma di cauciuc e di bambagia ; cosi piegano, rovesciano, contorcono, strapazzano la persona. C’ è un negro, un disperato, un demonio, un Apollo, a vederlo, di colore oscuro, il quale, sul dorso del fuggente corsiero, tira salti, su • pera tende e barriere, rompe impedimenti di carta, precipita ; cose, che da altri si sono pure vedute, ma non con tal furia, con tale temerità spaventosa eseguite. Il Guillaume figlio, se non supera costui, certo 1’ eguaglia per altre difficili, incomparabili pruove di coraggio, di equilibrio e di forza ; e, come tutti questi spaventi fossero un nulla, eccoti lo stesso Guillaume, che ti si arrampica sopra una specie di pertica, un palo acuminato, che giunge forse al terz’ordine, ed è tenuto in bilico da quel negro indemoniato. E là in alto, su quella salda e comoda piattaforma, colui ti si stende, nuota, si torce, ribellasi in fine per ogni guisa a tutte le leggi de’ gravi, si da far