252 con la soavità de’ canti e delle armonie, alla pietà soltanto e all’ affetto. Quelle brave persone, que’ giudici inappellabili, non lo compresero, e amareggiarono il suo trionfo d’ artista, buttando a terra, come il resto sprezzato del loro sigaro, quella bell’ opera, ch’eglino non avevano animo, nè senso ad intendere. Al loro avviso s’accostò bonamente, in un giornale rabbioso, un cotal dottore sottile, il quale, quando voi più eravate dalla musica tocco e rapito, vi provava come due e due fanno quattro, cogli esempi di Guido o del Palestrina alla mano, che avevate torto di sentire quello, che veramente allor sentivate. Se non che, le zucche restano zucche, e il tempo, prima o dopo, rende giustizia a’ gran-d’ingegni. La Traviata, vilipesa e calpesta alla Fenice, si levò, meritamente alle stelle, sabato sera, al teatro (fallo a 8. Benedetto. Ora ha ragione chi ebbe torto altra volta ; e la critica può ben rallegrarsi di non essersi fatta pecora ne’ suoi giudizii, e aver avuto il coraggio della propria opinione. Volevano che non sentissimo, o loro facessimo omaggio del nostro sentire !