259 pongono le cantanti del valore della S'trinasac-cM, della Marcolini, della G affo fini, che fecero le delizie degli abbonati, padri e nonni degli abbonati attuali, e delle quali s’ è, pur troppo, perduta la stampa. Ella ci ricorda in molti punti la SÒriscia, che qui creò la sua parte ; e, nel vero, la cavatina sopraddetta, e i due duetti col buffo, che ne sono il più forte, furono da lei cantati con brio, con ¡spirito, con graziosissima azione ; e nell’ ultimo fu pure convenientemente secondata dal buffo Penso, quantunque, per verità, questi, massime nella parodia della Bidone, che non è la più bella e spiritosa cosa, che immaginasse il Romani, esageri, e dia nel goffo e nello scurrile, traendo anche a strafare qualche po’ la compagna. Certi lazzi non sono più di buon gusto ; al più al più, si permettono sulla Riva. Fra’ pezzi, che meglio riuscirono e si gustarono, è il vario e bel terzetto dell’ atto primo, che, nella nostra qualità di giornalisti, un tantin ci riguarda, e che il nostro amico e corrispondente Rigo, il Dei, tenore, e il Pa-nizza, baritono, cantano con perizia da processori. Il Rigo dice altresì con assai di maestria il duetto col Contino, il contralto, benché