318 tunno ; giovedì sera cominciò già all’ Apollìnea, quella d’inverno, e fu veramente l’inverno in tutta la pompa de’ suoi rigori : la pioggia, il vento ed il turbine ; onde poche signore, in numero appena triplo delle Grazie, ebbero il coraggio d’ affrontar la procella per assistere all’ accademia, con che quelle socievoli sale riaprivansi. Pochi pure, relativamente, furono gli uomini coraggiosi, e la musicale conversazione passò quasi in famiglia ; tanto è vero che la fortuna a’ bei principii sempre contrasta. Al vocale esercizio presero parte tutti i virtuosi dell’ Apollo : la florida e leggiadra Orecchia, la brava Corvetti, il (xiannoni e il Latry, e tutti del pari con onore ed applauso ne uscirono, facendoci gustare i più bei pezzi del Rossini ed altri sommi, ridestando piacevoli e care memorie : come a dire, la cavatina della Caritea del contralto, i terzetti della Semiramide e della Beatrice Tenda, il duetto del Belisario tra basso e tenore, quello tra soprano e contralto nella Semiramide, che chiuse, acciocché il dolce fosse veramente nel fondo, il gradito trattenimento. Il Rossi, giovinetto appena di 15 anni ed alunno del-1’ esimio maestro Tonassi, recò all’ accademia