299 venzione e di dialogo. Fu un pensiero tutto gentile ed acconcio aprir 1’ azione con quella Corte d’ Amore, eh’ era ne’ costumi del tempo, e porgeva, fin dalle prime, cagione a porre nella piena sua luce il sommo poeta. Nè meno gentile fu l’invenzione di dar le parti di Scipione Gonzaga, il più saldo amico del Tasso, ad un gentiluomo veneziano, Alvise Sag-redo, che da prima con ogni maniera di consolazioni il conforta, poi viene ad aprirgli le porte del carcere ed annunziargli i decretati onori del Campidoglio. Ma il ristoro di tanti patimenti sofferti gli giunge un po’ tardi : egli è già per ispirare nella buia sua stanza, ei forse spira; se non che i poeti ingegnosamente fan dire al medico, in sul calar della tela, che il suo cuor batte ancora, per lasciare così allo spet-tator la speranza eli’ ei si rilevi, e non offendere in questo la storia. Quanto al dialogo, egli, massime ne’ due primi atti, è ben nutrito, vivace, drammatico ; molte sentenze del Tasso son vere, nobili, degne di star su quel labbro; e fra’ luoghi più notevoli per virtù di dizione è la ipotiposi, che fa di Venezia il Sagredo, nella quale, benché argomento sì battuto e ribattuto, i due poeti