Libro Quarto. 173 e io, diifeNariète, formerò vn filo, che non ifuilupperà da' laberinti, ma fapràformar laberinti. Ildiflc, e il fece, e doppo fatto pentirti, e forfi, non potendo più rimediar -ui, peffe, per la doglia, la vita. Scriflè ad Alboino, Ro de’ Longobardi, che le due Pannonie, e la Saiiònia allora occupaua, e inuitollo alla conquifta d'Italia : cofà più pia-ceuole non potea arriuare all’orecchio del barbaro ; onde iùbito fi acciniè, e valicat’i monti, allagò le Italiane campagne , e facilmente cacciatine i Greci, di largo dominio li fe fignore,fermando la fua refidenza in Pauia. Rauenna co’l fuo diftretto rimafè aH’imperatore, che in fuo nomo vi mandò vn Eflarco, ò Gouernatore, per nome Smeraldo : ma quefto auuenne a’ tempidi Mauritio, fra cui, o Giuftino era flato Tiberio, adottato dallo ftefiò Giuftino à perfualione di Sofia fua moglie, che mainoru hauea potuto generare figliuoli. Così l’empio Giuftino ^he ben empio poffo dire vn Arriano ) per vua donna-, pèrfe l’Italia. Io feufò coftui, perche fi vide, per amore, vn Ercole con la gonna, vn Onfale con la claua. Il buon marito ami, ma non tema la moglie; le fia compagno, non fuddito ; poiché i Nini, che foggiacciono per vn fol giorno alle Semiramidi, perdono, e la vita, e la fignoria. Giuftino però non conofceale veremaiTime di vn Principe, onde commife quel graue fallo di oltraggiare Nariète, Nè vn folo errore nefla fua vita egli fece ; poiché fi legge, che a’ tempi fuoi l’imperio fu oppreflò dagli efattori, vno de’ quali’n Corcira operò tali tirannie, che i Corcirefi fu-ron forzati à tumultuare. Il togliere le lane, và bene; ma lo fcorticare è fòuerchio. Gli tributi fon neceflàri al mantenimento del Principe, però talora chi ha cura di rilcuo- terli,