Libro Terzo. 107 no al mondo, che il vero amico fi conofce meglio nelle tempefte, che nelle calme. Ed è cofa degna di ricordanza, che fapendo iCorcircfi l’orribile rtrage, eho de’Romani fu fatta in Canne, oue vinfero i barbari’ru modo, che di fole anella, tolte dal dito de'caualieri vc-cifi, empiron più moggia, e a Cartagine Tinuiarono; con ciò tutto al Re Filippo fi oppofero, quando egli fi moife contro l’Ulirio, per cacciarne le militie di Roma^. litigato quefto Re dalle perfuafiue, che gli hauea fatte Demetrio Fario, con potentiifima armata, corteggiando la Grecia, fe ne vennepreflòaLeucade, dadouefìauui-cinò ad Apollonia, epoiaCorcira. SeiCorcirefi eran meno fedeli fi farebbero lafciati perfuadere ad accordarli con colui, che altro non bramaua, che quefto gradino, per appoggiar la fcala al paffaggio d’Italia. Ma eglino collanti fi mantennero fino a che il Macedone, atterrito dalle nuoue, che Tarmata Romana era in Lilibeo, promontorio di Sicilia, pronta a far vela contro di lui, fece rimbarcare Tefercito, e voltando le fpalle, prima alla^ Cefalonia, poi alla Macedonia fuggì pien di timore, fen-za che alcuno il perfeguitaffe, efièndo pur troppo Roma dal vittorioio Annibile angurtiata j Non fi perdè di animo Filippo, benchepoco moftrato nehaueffenella fuga; e macchinando gran cofe mandò Xcnofane con altri per ambafeiatori ad Annibaie, a fine di far lega con lui contro de’ Romani, iperando di vantaggiare almen nella Grecia la fuaforte. Smontarono, doppofelicenauigatione, i meflàggieri preifo al tempio di Giunone Lacinia, in Calabria porto ; e, prefa la via di terra per girne a Capoa, oue ilCapitano Cartaginefe dimoraua, non lungi da No- P 1 cera