266 buona perchè alcun cattivo bello spirito aveva già fatto di Padilla padella, quasi a dir che fossimo fritti. 11 che non è; poiché io son del parer di quell’altro, il quale credeva che potessero far afa anche le pernici, quando non fossero un po’ misurate Dopo i cento giorni del Nabucco era lecito tentare la ristorazione di qunl-che altra cosa ; poi se questa Padilla, leggi Pa-diglia, ebbe molti avversarli, trovò ancora buon numero d'amorosi, i quali assai si piacquero delle bellezze di due duetti, uno nel primo, cantato con l’ordinaria bravura e dalla Loere, Maria, e dal Badiali, Don Pedro ; l’altro nel secou-d’atto tra la medesima Loeve e la Granchi, su# sorella nell’ azione, ma soltanto un po’ lontani parente nel canto. I quali due duetti certo non mancano di parecchie bellezze e se ne ammira in ¡specie la cabaletta, in tutti e due molto spiritosa e vivace. Un altro duetto, duetto mostro, il più lungo di tutti i duetti conosciuti, ha fatto nel terz’atto un’impressione ancora più viva per grande varietà e ricchezza di cantilene e non poche bellezze di composizione. Esso fu anche molto acconciamente cantato e dalla Lotte, per cui origiualmente l’opera è stata scritta, e dal Borioni, il quale, s’è condannato a so-