191 lora dal gelato suo sonno, agitò i suoi sonagli, diede fiato a’ suoi mille zufoli, la gente ripopolò la Piazza e la Riva abbandonate, e i passeggi del giovedì grasso, della domenica e de’due ultimi giorni, confortati dal più lucido raggio di sole, che fugò il verno e addusse per quella piaggia incantevole un anticipato sorriso di primavera, presentarono il più vivo e animato spettacolo. Se non che il freddo dell’algente stagione gelò alquanto 1’ ardor delle maschere, che penarono a uscire, e non uscirono in folla. Egli è un culto, che va a poco a poco mancando, e la cui sacra favilla, non arde più se non sulle are fedeli Napoletani, che serbano ancora intatto il deposito delle antiche tradizioni. Essi si 'estirono anzi a nuovo quest’anno, affrontarono primi le nevi e gli scivolanti sentieri, e destarono co’loro strumenti i muti echi della città sotto a’ ghiacci dormente; essi diedero moto e v'ta l’ultimo giorno alla Piazza, provocando l’e-‘nulazion della folla, gettandole aranci, datteri e confetti. I Chiozzotti, dispersi forse dalla prozia, perdettero la loro vela, abbandonarono i loro canestri, e non afferrarono al Molo. Raccolgo la loro eredità i Bizzarri, e coi Napoletani