346 gli batte una settima. Ei le tende le braccia, ed ella girando su un piede gli presenta per caso la punta dell’altro. Atto commovente e gentile! Poi ella ti spicca un volo sull’ ale d’un filo di ferro, che non inganna nessuno, e chi s’è visto s’è visto. Attar, che fu sì presso alle gioie celesti, torna, in difetto di meglio, alle terrene, e conduce Meroe all’altare. Ma ahimè! sul più bello del rito, e quando già Meroe si tiene del suo fatto sicura, ecco che la faccenda di nuovo si guasta, ed ella vede il marito prender, come gli uccelli, il cammino dell’ aure. Quella Ginn tremenda e al suo amore fatale scende nel tempio, e sugli occhi medesimi della sposa, con grande scandalo della moltitudine attonita ed atterrita, seco rapisce il garzone in una nube troppo evidentemente di legno! Ora Attar e nella siderea magion delle Ginni. Che fera quella povera argilla nel beato soggiorno, >n mezzo a que’gaudii infiniti e in ispecie a tante eteree creature? Che farà? Ei pensa di porsl bonamente a dormire: tanto valeva che n°D lasciasse la terra. Poi, quando si desta e s’ «c-costa alla diva fanciulla, se la vede tra n>an° mutare in istatua di marmo senz’anima e senza vita. perch’ella ne’suoi amori trascorse tì