426 più non rimane se non gittare al fuoco la inu-til verghetta. E nato, anzi è grande e grosso chi loro in mano la ruppe, chi tolse ad essi lo scettro delle traveggole; il nuovo Ismeno, che comanda, chi creda agli occhi, a’ demonii, anzi tiene i demonii a suoi cenni legati, se non nel-P ampolla, come quel di Parigi, certo dentro a più d’una maravigliosa cassetta. Questo re dei prodigii, questo innocente maliardo, che ve la carica, ve 1’ accocca in sugli'occhi, che vi fa veder la luna nel pozzo, e, con un potere assai men problematico di quello di Mesmer che inventò il sesto senso, v’ entra nel capo e legge i pensièri, sa la carta che avete segnata, vi moltiplica, coni’ altri vi scema, in man le monete, infine quest’uomo singolare è Antonio Poletti di Vicenza. Il Poletti operò già due volte i suoi gentili prodigii nel teatro di S. Benedetto; ma quegli che comanda agli elementi, ed ha soggetta la natura fino a una certa altezza dell’ atmosfera terrestre, con le nubi perde 1’acconciaf.ura, e le nubi appunto gli furon rubelle. Ei voleva sereno e fu pioggia, fu vento, fu neve,, tutto quel di peggio che può mandar la versiera, o il cielo in corruccio. E’ fa crescere a furore i fiori a