■264 ti il passo alle gondole, infrenarono poco il desio delle belle, che vittoriose della bufera fecero oltre 1’ usato ridente delle lor grazie la festa. Ma di leggier s’ obbliavano l’inclemenze della stagione in quel vago ricinto, dove tutto spirava agio e conforto; dove al primo por piede iu sulla scala t5 accoglievan tepidi tappeti, e la vista t’allegravano il verde di quelle piante e i fiori ch’entro a’ politi lor vasi t’anticipavano quasi il sorriso di primavera; dove il sole di cento e cento faci innondava di vaga luce le sale; dove all’ allegrezza delle danze e de’ suoni si mescevano tutti i diletti della società più raffinata e civile. Il minore era forse quello del hallo: tutti que’ volti leggiadri, che simili a un’aerea apparizione, ti veniano e fuggivan dinanzi ne’vorticosi giri de’balli, o t’eran veduti su’ lunghi divani, che non lasciavano agli uomini spazio; quella varietà e ricchezza d’abbigliamenti e di fogge , que’ vezzi in cui avido si compiaceva lo sguardo; il giocondo tumulto delle cene, un po’ in vero combattnfe e conquise ; 1’ ordine infine, il buon umore, l’urbana conversazione fecero di tal festa uno di que’coni' piti trattenimenti, di cui non si perde così di lec-ftieri la ricordanza. Tutti i luosrhi eran