374 Raffaello, che s’ammiravano 300 anni fa, si trovan mirabili pur di presente; quand’altri vuole rifarsi delle sublimi invenzioni dei Romanzi-giornali o delle lettere non pili umane, ma umanitarie del secolo, ritorna agli antichi modelli, e ne gusta ancora quelle intatte bellezze, anzi non ha più novità che nel vecchio: la musica sola, come le rose, ha sua stagione, la breve stagion delle rose: ella risuona un i-stante, poi passa, e si perde come nell’ aria. Il Rossini, il gran Rossini, è vivo, è sano, ha l’estro ancora e il brio de’ prim’ anni, e le sue opere son già più vecchie di lui. Appena appena di tante si fa grazia al Barbiere di Siviglia, all’ Italiana in Algeri, alla Cenerentola, che, come il battello di salvamento ne’grandi naufragii, si traggono fuori a ristorar la fortuna, quando tutti gli altri spettacoli han dato in secco; ma qual impresario ha l’idea felice di ricondur sulla scena la Zelmira, VAssedio di Corinto, il Maometto, il Mosè, o permettendolo le gole, la Semiramide ? Mio Dio! questi capolavori, come le cose fruste e le ciarpe, si son dati al ferravecchio, e si trova più bello, più dilettevole in ¡specie, intonare ognora la stessa canzone, ripetere quell’arie, que’cori, che pas-