152 d’istinto del bello, che la natura pose dentro di noi, e talora s’odono sul labbro de’ vulgari osservazioni e sentenze degne della critica più illuminata. A questa pubblica prova si sottopose, non son molti giorni, un gentile straniero, producendo in quel sito, auspice e promotore de’ nuovi ingegni, tre quadri vaghissimi di prospettiva, ned ebbe della fatta sperienza a pentirsi. E questi Carlo Fink di nazione tedesco, il quale, abile a trattare egualmente la penna e il pennello, pagò con doppio e cortese tributo l’ospitalità tra noi ricevuta, ritraendo sulla tela e commettendo all’ammirazione de’lontani le più belle meraviglie della nostra città, e facendosi ne’ giornali banditore delle glorie attuali delle nostre arti; di che i lettori ebbero un saggio nella Miscellanea del giorno 18 maggio, dove si recò parte d’un suo articolo assai per noi lusinghiero. I dipinti del Fink erano tre: uno rappresentava la Cappella Zen della R. Basilica di San Marco ; il secondo quella del Santissimo della stessa Basilica; il terzo, con idea veramente originale, la Loggia del Fondaco dei Turchi: 1’ artista s’ aggirò tra quelle rovine, anzi pure