180 è nè vittoriosa uò vinta ; confessatasi una volta a Dio onnipossente, ella ripete d’atto in atto, picchiandosi il petto: Mea culpa, mea culpa, mea maxima culpa. F.lla pecca in pensieri, in parole ed in ommissioni, ma nulla non avviva nè modifica quel lungo mea culpa in cinque atti con un prologo; nel dramma è altresì necessario peccare in opere. ... Temiamo che Cosima non sodisfacein nessuno. La calma e la saviezza dell’azione «piaceranno a’furiosi, i quali, non troveranno l’opera abbastanza dissennata; il disordine ed il vuoto della scena, la singolarità della predicazione non garberanno al gusto difficile a cui essa parrà irregolare ed avviluppata ; tutti la giudicheranno povera e debole. L’autore non vi splende se non per la mancanza de’suoi pregi e de’ suoi difetti. Però la natura italiana (*) che Giorgio Sand sa in sì maraviglioso modo ritrarre, ch’ella sì direbbe a lui rivelata (!), il suo stile tanto (*) La signora Sand ci ha fatto l’onore di attribuire nel dramma la parte del vizio, della dissolutezza e del delitto a un patrizio veneziano, sfrontato seduttore, più crudele di D. Giovanni. Grazie, madama Giorgio.