343 te del tenore, che qui è veramente signor della scena. Chiude il prim’atto un finale, di cui non ci rimase con piacere nella memoria se non un canone, che ci parve scritto e condotto con molta perizia. Nel second’ atto ha un terzetto di grande e vario lavoro cosi di voci che d’orchestra, ma che però non fece grande impressione per colpa ben d’ altri che del maestro. Ei fu piuttosto strillato che cantato. E qui a dir vero termina, quanto all’effetto, l’opera: nel resto non si nota se non qualche bel movimento d’ orchestra, qualche frase staccata leggiadra, che però si perdono nel complesso che riesce alquanto freddo. Fuori dell’ Iwanoff, nessun altro cantante è veramente applaudito, benché il Ronconi canti con grande e forse troppa espressione la sua parte nel secondo finale, quand’ egli rappresenta la collera dell’offeso marito. Il maestro ebbe, la prima e la seconda sera, 1’ onore d’ esser domandato sul palco, e se tutti i voti non eran per lui, tutti ben erano contro il Teu-plario e il Belisario, da cui era tempo che ci liberasse dopo sere ben trentadue, questa Clemenza.