326 mentre il prò’guerriero è nel campp, e conquista al suo signore nuove terre e nuove provin-ciei il suo signore, senza saperlo, gli corre ed usurpa, se non il cuore, il possesso di quella tal giovinetta, la quale si chiama Zulma, ed ei la fa sua e chiude in serraglio. Ismaele, che torna da’ nemici vittorioso, si trova a questo modo ingranata disfatto, e dà nelle smanie: se non che il male non è sempre dove si posa, e il sol-dano, che in sostanza è un buon galantuomo, e vuole pur ricompensarlo delle vittorie, gli fa appunto facoltà di domandargli qual favor più gli piaccia. E quegli il piglia in parola e gli chiede a dirittura la grazia di francar le sue schiave. La domanda non è tanto onesta; e’s’intende acqua e non tempesta, dice in suo cuore il sultano, il quale vorrebbe ben premiare quel valoroso, ma non intenderebbe thè il premio avesse a costargli sì caro ; onde dapprima consente, poi si ripiglia, e rivoca in parte l’editto, contentandosi di ritenere la sola Zulma, che è appunto ciò che Ismaele meno desidererebbe. Ma a que’ patti le schiave rifiutano la libertà: o libere con la Zulma, o schiave con essa. La rivolta ha fatto il primo passo, ed elleno