25 spaventati cercano di fuggire; ma inchiodati a lor luogo da una paura invincibile, s’ agitano quasi per febbre, e vanno per cosi dir da sè stessi a precipitarsi nella gola aperta del mostro che regna come devastatore in quelle eterne foreste. L’isola di cui vi parlo, ed ove il viaggiatore osserva quella immobilità e quella vita, si chiama Timor; Timor bastardo conquisto degli Olandesi e dei Portoghesi ; Timor dalle creste nere, dai vulcani, sempre in furore, che ispirano la lor turbolenza agli antropofagi abitanti di Fialerang e di Batugueda; fornelli estinti, che rimbombano sotto a’ piedi, come la pelle d’ un tamburo; Timor l’indomabile, ricca della più bella vegetazione del globo, del continuo minacciata da’ tremuoti, che devastano per fino le isole più lontane da questa baso scogliosa. L’ oscura foresta, in cui vidi quanto sto per raccontarvi, dice un viaggiatore, il sig. Jacopo Arago, s’inalza a poca distanza di Dielhy, piccola città, eh’ io chiamerò con tal nome, perchè la nostra lingua è povera nel significar certe cose, che non possiamo tradurre se non per perifrasi. Sul piccolo spazio nel quale sono ristretti un cinquanta edifizii circondati da