... ■ ' 335 tordo con Genova; ed io avrei a fari# con la mia penna ministro d’affanni, ad esaminare l’opera dell’amicizia, a cercarne le mende? Quale uffizio! Esso è maggiore delle inje forze; ci rinunzio, ne chieggo dispensa. La Ginevra è per me un fatto non avvenuto; non la ucciderò come un Borgia crudele col mio pugnale, per ciò eh’, ella non rispose a’ miei, come non rispose a’ desiderii del pubblico. Ned ella fu condotta a tale dal solo maestro; altri cooperarono alla sua rovina. I soli pittori n’ ebbero pietà, e nella sciagura le apparecchiarono, a consolarle almen la vista, e sale e giardini magnifici; ma a che prò? se doveva sì presto lasciarli, e mutare con 1’ orroi* del sepolcro! Più saggi furono i sarti: essi ebbero una qualche lontana prescienza della sua corta dorata, e non le apparecchiarono troppo ricco nò vago corredo. Infelice Ginevra! dorma ella in pace e le sia lieve la polve del palco scenico!