337 no, e quagli ritorna. Se non die il Rossi non ha voluto affliggerci con uno di quegli sconci spettacoli, di cui è si feconda la nuova scuola drammatica, ne’ quali è posta in iscena e abbellita co’ più lusinghieri colori la colpa. Noi non abbiamo ad arrossire degli amori di Clemenza ; ella è debole, ma non perversa ; ondeggia tra la passione e il dovere, ma combatte e resiste ; con che ei diede al suo personaggio quella tinta drammatica di debolezza e virtù, eh’ è la prima regola d' arte per affezionarci al soggetto : homo sum, Immani nihil a me alie-nurn puto. E tempo che la scena torni un po' più costumata, e con le leggi del gusto non si violino quelle della morale. Ora la povera Clemenza, ch’arde d’ amore per Renato conte d' Arles, ed è moglie di Giulio di Valois, amico e fratello d'anni di lui, deliberata di vincere la funesta passione, e poco delle sole sue forze fidando, ricorre alle arti d’una fattucchiera, e questa a guarire di quella piaga le suggerisce non so qual erica malvagia, eh’ ella deve corre nel tal luogo in sul punto della mezza notte, l'ora debita, come delle opere dei ladri, e degli amanti, così pure di tutte le stregherie. Vuole sfortuna che sia a quel VII «