167 te s’addormentarono. La carrozza va a buon viaggio ed eglino tirano innanzi il loro sonnellino dell’ oro, finché ad essi non l’ebbe rotto nel capo l’improvviso cessare del rumore e del moto. Che è, che cosa è stato? si driz-zan trasognati sul sedere e domandano. Sen-z’ avvedersene, tanto il viaggio fu breve o lungo e profondo il lor sonno, eglino avevano aggiunta la sosta ; se non che e’ stavano colà dentro così a loro grand’ agio, ci si erano tanto bene acconciati loro e le loro robe, che per cosa al mondo non se ne sarebbero scomodati scendendo. Ma scendere e scomodarsi ben fu mestieri ; poiché messer Sulpizio eh’ aveva a ogni caso pensato, a ogni caso provvisto , non immaginò il caso, che il vetturale potesse interpretare con una certa latitudine il patto del ricambio delle bestie, comprendendoci uomo e vettura. E cosi fu : il mariuolo gli aveva a un altro, come si suol dire, venduti ; aveva fatto di loro mercato, ridotto la scienza e le lettere, nella persona del sig. Sulpizio e del suo sozio, alla condizione, povera scienza ! povere lettere ! di semplice mercatanzia da vettureggiare, e Dio 6a che misero pregio le rappresentava ! La burla era dura a inghiottirsi ; la loro