208 fiore, e più direttamente mi toccassero, quelle ironie e quegl’insulti mi sono scagliati nella propria mia faccia, citando nome, cognome, patria e sin titolo. Oh nobile ingegno e gentile! Quai frutti ne dee sperare la patria! La gente onesta se nè sorprese, ed io mi tacqui di compassione. li si noti ch’egli nella triplice sua qualità d’amico, d’alunno ed ammiratore del sig. Ba-rozzi, ben doveva sapere eh’ io non m’era condotto da me a scrivere sulle sue traduzioni, cosi per diporto o vaghezza di dettare sentenze; chè sarei veramente da pigliare i sassi se mi prendessi siffatti gusti sulle operi di certi ingegni; ma per pura compiacenza per desiderio di fargli servigio, così da lu stesso richiesto, con lettera del 28 luglio 1839 poichò si risale appunto fino a que’ tempi, co marchio della posta di Belluno del 29 e di Venezia del 30; nella quale ei mi pregava a vo lergli essere largo o in favore o in disfavor d’ una mia parola. Ed io, lungi d’ essergli lar go di disfavore, usai seco con ogni riserbo, noi mi son fatto lecito il più piccolo scherzo, noi una sola parola meno che rispettosa ; tratta 1’ argomento con tutta.gravità e coscienza, pe