123 teatro. Chi, all’aspetto che in quell’ ora Venezia rendeva, non era tentato di por fede alle bizzarre finzioni che di lei immaginarono i moderni ro-manzatori, che la chiamarono la città delle feste e degli amori? E che cosa più parla alla immaginazione che questi singolari spettacoli, in cui par quasi che 1’ uomo usurpi il dominio alla natura, e ne infranga le leggi ? Mentre la città che si cammina, come città abbandonata, si muta in un tacente deserto e appena qualche raro sembiante appar dall’ alto per le solinghe finestre, una mobil città di barchette, sorta quasi d’improvviso dall’ onde, si stende per tutto il grande canale, e colà dove prima il sole sè vagheggiava nel suo lucido specchio, ora s’agita, romoreggia e tripudia la folla, che inonda egualmente le rive, e confonde in un solo e medesimo aspetto 1’ acqua e la terra sotto quel vivo ed animato tappeta II medesimo sembiante rende il gran ponte, rendono per tutto i palagi e le case ornate a festa, e le finestre affollate di mille e mille volti leggiadri, mentre l’aria risuona del lieto popolare fragore e de’ suoni delle musiche bande. E il cielo intanto la bella festa protesse, che a guardarne dal soverchio estivo ardore, tese sovr’essa quasi un magnifico