322 tomo, quell’ opera clandestina fatta alla macchia dalla figliuola, va in tutti i furori, la mette all’ indice, eh’è quanto dire condanna a morte quell’ innocente. Ora sarebbe a parlar delle danze, ma le danze non si potrebber de-■scrivere; furono giudicato d’una novità cosi esorbitante, che parve assai averle vedute una sera. Di tutto il ballo, ora siamo ridotti a una mezza contraddanza delle quadriglie, e ad un passo a due della Groll e del Rosati, che furono compatiti la prima, e piacquero un po’ piti la seconda sera. I pittori Venier e Bortolotti han fatto qualche buona scena: tutte hanno un certo pregio d’invenzione o di tavolozza. Gli abiti sono ricchi. XXIII. Gran Teatro della Fenice.—Il Belisario [*). Or che ci penso, sono in debito d’un articolo. S’ha ad annunziare il Belisario, che si riprodusse la scorsa domenica. L’ avvenimento m’era quasi uscito di mente, così poca impres- (*) Gozzetta del 9 gennaio 1841.