he allora, ahimè l, non trovava che pochi se­guaci, alcuni dei quali nemmen persuasi della giustizia e dell'immensa importanza nazionale della causa a cui s'associavano. 
Questa è la verità dolorosa che fu uno dei martirii lenti ed implacabili che d'Arturo Co­lautti fiaccaron l'avventurosa vita. Chi pensava fino a pochi anni fa alla Dalmazia  Chi si preoc­cupava delle sue sorti  Chi fremeva, chi pativa, chi imprecava allo spettacolo feroce e tremendo delle persecuzioni inesorabili e spietate a cui ì nostri fratelli d'oltre mare eran sottoposti? Chi protestava quando il nome d'Italia era tnvial­mente vilipeso, quando i segni d'Italia venian cancellati, quando al desiderio d'un riscatto che d'Italia giungesse, sull'aspettata nave, come nelle leggende degli EToi, veniva sovrapposta la dura realtà d'un giogo sempre più pesante, sempre più vergognoso? E l'Esule randagio' pensleri, preoccupazioni, fremiti, proteste, soegni, tutto, tutto raccolse nel suo cuore che ne diventò ma­lato e che infine per così gran piena di passione e d'amarezze s'infranse. 
Volgea. quando Colautti contrapponeva il suo apostolato ad un arido e desolante scetticismo. quel tempo imbelle in cui i nomi di Trento e di Tneste servi ano di pretesto a molte esercita­zioni di retonca e a qualche dimostrazione: e quello di Zara, l'unico che si conoscesse della Dalmazia, alla coltivazione d'un romanticismo 8biaoito assai più caro alle signore sentimentali ed ai giovani studenti di liceo, che alle masse necessarie per uno sforzo politico. Una ignoranza 
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