8t.a ora altrettanto fulmineo ed altrettanto pér­severante di quello che appare, nei brevi libri del De Bello Civili, in queU'isteasa prosa ch'egli fog­iia, senza un'aperta ·parola di lode pel suo genio, Cesare. Egli. l'uomo che salpando improvvisa­mente da Brindisi con le aue coorti di fanti. e di cavalli, e sapendo tenuti i facili approdi c quaai tutte le coste dalle navi del nemico, con mera­vigliosa audacia sbarca sulla riva selvaggia di Paleste sovra cui gli aridi Cerauni incombono con le rocciose giogaie. Egli è ancora quello che i monti « squal1"ciati dalle folgori» ascende in una notte con tutto il IIUO esercito perchè la seguente alba lo vegga piombare aquileamente sulle prime difese di Orico, prima di movere di calltello in castello, di borgo in borgo, passando i fiumi a guado ed espugnando fortezze, contro Dirrachio adagiata sul mare. E sempre, al suo fianco, è quella romana virtù di patire e operare forti COle che lo conduce finalmente alla vittoria, anche se talora la sorte gli sia apparsa col volto disperato per far tremare il suo cuore. In questi giorni di sangue e di tragedia, mentre più che altro per vincere necessario è perseve­rare, con quale senso di consolazione si rileggono, meditando, le austere pagine del grande Capi­tano! E insieme è una profonda sensazione di orgoglio che si prova: orgoglio per tal mirabile creatura della razza nostra, della latinità tanto combattuta, e sempre, anche dopo deserti secoli, risorgente e trionfante contro le forze cieche od organizzate della diversa umanità degli altri po­poli. -195 ­