offerto lapidi, iscrizioni, ampolle lagrimarie, ur­ceoli, monete dell'epoca imperiale. Tombe, sar­cofaghi, urne cinerarie sono state scavate altrove. E intanto gli itinerarl rivelano il luogo come nodo delle strade militari tracciate da Roma sui per­corsi da provincia a provincia, e il vecchio, nudo, martoriato Arco di Claudio, s'apre nel cuore della città a dimostrare come questa non era, forse, iinara di trionfi e di glorie. Come libero Municipio, Fiume appartenne alla Liburnia romana: ebbe duumviri e magistrati in­signi. Poi sopportò i Goti, i Bizantini, i Franchi, finchè, nel medioevo avanzato, non cominciò an­che per essa quel turbinÌo di vicende in Cul e difficile recar chiarezza e metodo, senza aspra fatica. Tentiamo. Nel tempo feudale la città fu nel cerchio dominatore delle chiese d' Istria ed entrò nei confini del Patriarcato Aquilejese, prima di passare ai vescovi di Pedena e di Pola ed ai si­gnorotti annidiati nella Rocca di Duino. Dal 1400 al 1466 fu coi Walsee: quindi con la casa d' Au­stria che nel 1552 l'aggregava al ducato di Car­niola. La più vasta autonomia fu però sempre goduta da Fiume e dalle terre del suo contorno. E nel 1526, regnando F erdina;ndo I, furono costituiti quegli statuti, sanzionati nel 1530, che davano alla città le massime prerogative autonome, permet­tendole anche di dettar leggi. Nacquero cosÌ i due Consigli: il Maggiore e il Minore retti da due giudici e da un capitano Cesareo; e con la motà del XVI secolo c.ominciò ne.l IUQ2& mar.ÌRQ -1SO ­