giuliva a severa, la eco dei rumori della terra : ecco un pianoro di argilla rossa, un tappeto tessuto di ceneri di cadaveri che sviluppa il prolungamento dei suoi declivi verso tutte le latitudini. Bagliori fosforescenti, piccoli o grandi, fìssi o sfolgoranti, evoluiscono portati da esseri che sembrano aver captato gli ultimi raggi degli astri spenti per rischiarare la loro esistenza nel regno della tenebra eterna.
  Qua e là circolano bestie strane, violacee, rosse o nere, corredate di organi, secondo il nostro giudizio, mostruosi ; e di cui si giovano per camminare o per nuotare, per strisciare e per fissarsi, per sentire e per combattere, per vivere, insomma, nell’ambiente ove la natura sembra avere imposto alla vita condizioni extra terrestri. I loro movimenti sollevano nuvoli di tenue fango i cui contorni, modellati dalla fosforescenza diffusa, ondeggiano un istante in grembo all’acqua quieta e glaciale.
  Ma il nostro fosco viaggio ci mena ad un’ombra più vasta, rischiarata da mille fuochi. Gli occhi fissano, mentre il cuore rallenta i suoi palpiti, il cadavere di una nave, salma paurosa di un naufragio. Ancor parzialmente sepolta nell’argilla s’impenna a guisa di creatura possente che la terra aspirasse, e drizza verso il cielo la prora che già balzò sulla cresta dei flutti. Lungo i suoi fianchi il sartiame è spezzato e le vele sciolte resistono nella completa immobilità del mezzo ambiente all’opera del tempo.
  Il pulviscolo di organismi distrutti che scende dalle regioni superiori, a guisa di neve impercettibile e grigia, si condensa su tutte le sue parti.
  E le tempeste che agitano la superficie delle acque dell’oceano imperversano lassù sino alle più lontane età senza che una minima nozione del loro tumulto raggiunga le pianure abissale dannate all’eterno silenzio.
  Esseri lenti, rilegali nel fondo della melma ove il loro corpo si trascina e lascia un’orma tosto ricoperta, sono giunti alle impavesate ed all’alberatura ove i gabbieri prestamente lavorarono. Altri animali più