In queste, poco dopo usciti dal Canale di Mezzo fra l’isola di Veglia appartenente alla Jugoslavia e quella di Cherso (la maggiore dell’ Istria italiana) cominciano ad affiorare le groppe degli scogli e degli isolotti più bassi, e sembrano grandi mostri marini in agguato ; alcuni sono poco men che nudi e solo nella bella stagione stemma di zara, si coprono di poca erba ; altri sono ricoperti di macchie : tutti, anche quelli abitati (e lo sono ben poco) danno 1’ aspetto di una gran desolazione. Ma il mare è profondo tra 1’ uno e 1’ altro, tra essi e la costa montuosa ed aspra ; durante la guerra le navi austriache potevano con grande facilità nascondervisi dietro e navigare per i canali, sottraendosi alla sorveglianza delle navi nostre. Caduta l’Austria per merito dell’ Italia, oggi questi isolotti con le isole maggiori e questo mare appartengono alla Jugoslavia. Il vapore fila, e il suo tricolore ganisce al vento : finalmente vediamo la montagna costiera del Velebit, nuda e arcigna, allontanarsi verso l’interno e farsi azzurrina : davanti le sta ora una costa più bassa, varia e, per quanto lo consente la stagione invernale, verde : è la penisola dalmata. A destra sfilano isole più grandi e più montuose : la Melada e, ben presto, Uliano. Ma d’italiano non c’ è che quell’ angoletto là in fondo, quei campanili e quelle case che ingrandiscono a vista d’occhio, quelle mura, quelle porte : Zara ! E un’ oasi d’italianità : il bianco, rosso e verde ci appare in essa più splendente che altrove ; le navi e le case lo ostentano con maggiore orgoglio. La piccola città si visita presto, se si vuole darle