5. Volge gli occhi, l'Italia, verso l'Oriente e ri­conosce i segni del suo diritto. Misura dall'El­leaponto all'Issica i limiti del nuovo dominio ch'è dovuto alla sua grandezza. Vede le rive della Troade, le isole fiorite, gli approdi della Misia, e in fondo ad un securo golfo il riso di­vino di Smirne: vede nella Caria le rovine che portano la sua impronta, nella Parnfilia il romano mausoleo di Adalia, nella Cilicia !'ignudo co­lonnato di Soli. Tra il viluppo delle antiche fo­reste riconosce le città sepolte, che dormono col loro nome entro l'ombra profonda. E gioisce w­perbarnente. Ma i luoghi del suo più ardente amore son più vicini al cuor IUO. Nell' Adriatico sono. Sono nel Mare che arspetta. Stanno sulle dolenti acque come altari deserti. È per essi che il grande sacrificio ,i compie. A Concordia SaJgittaria il sepolcreto sommerso, a Grado le rudi arche romane, e più hmge è Aquileja dalle tragiche memorie e dalle grandi vestigia. Ed oltre bisogna andare, ove la Libertà non ha tratto ancora la sua forte canzone. Biso­gna approdare a Trieste e salire a San Giusto, sul colle; bisogna violare le difese di Pola. Quivi è il più sacro rsegno: non l'Arena, non gli archi scolpiti, ma il tempio che porta il nome di Augusto. Il volto dell'Impero di Roma è chiuso nel suo silenzio. el!l