eazioni non sono riconosciuti da noi. Sapete in­fatti cosa dicono i nostri studiosi? Essi dicono che la nostra razza non soltanto può accampar giustificate pretese su la Dalmazia e su Fiume, ma anche sull'Istria, su Trieste, su Grado, su Aquileia e su Venezia. Dunque, come potete vedere, chiedendovi solamente Fiume e la Terra dalmata, noi siamo persino generosi». Non dimenticherò mai l'ironia diffusa sul volto di D'Annunzio, nel riferire il colloquio breve: breve perchè egli, il Poeta, ed un ex uomo di stato presente, credettero bene di porgI i fine nella guisa più rapida a loro possibile. E non scorderò nemmeno, quanto poi volle aggiungere di fede e d'entusiasmo all'inno già levato al­l'altra sponda che aspetta, quasi per cancellare l'eco delle parole aacrileghe che avea voluto ri­petere. La Dalmazia non italiana l E se anche i valori del mondo si capovolgessero tutti, e non fosse più memoria di glorie passate, e il sangue non parlasse più la sua voce, e la giustizia divenisse una donna d.a trivio, questa infamia non potrebbe accadere. Nè accadrà giammai. Il riscatto di questa terra à nostra, oltre all'esserci imposto dalla storia, dalla dignità, dal dovere, c'è segnato irrevoca­bilmente d.alla necessità. L'Adriatico deve diven­tare, il Mare nostrum, un pelago chiuso, quasi un lago ove ci sia possibile navigare tranquilla­mente, eenza minaccia di armi, quando ci piac­cia, e come ci piaccia. E questo sarà possibile soltanto nel iomo, oramaI prossimo, che ricon­ ·112 •