SCORCIO delle più grandi imprese del cervello umano, e VOpus Prophetale. Come traduttore del Gran Libro arricchì l’idioma di Cicerone di iperboli orientali, di immagini profetiche, di costrutti sintattici, sconosciuti fino allora alla lingua del Lazio. E creò quel latino sanguigno, pittoresco e sapido che sai. Non solo, ma, attraverso il «gran commento» e le sue innumerevoli versioni da Origene, travasò dall’Oriente greco nel grembo dell’Oc-cidente l’insuperabile ricchezza di pensiero propria di quella Chiesa. E’, poi, un vero artista della penna. Nè Tertulliano, nè Ambrogio, nè Agostino, sotto l’aspetto dell’arte, sono grandi come lui, che ha vergato pagine degne di essere firmate dai più celebrati scrittori della antichità. Conosce tutti gli stili e sa tutte le maniere. Ora è fragoroso come la tempesta e ora lene come un ruscello scorrente tra due margini teneri di verde. Ma più che la dolcezza di Zefiro ama le violenze della bora. Quando dipinge paesaggi, par Virgilio; quando fa ritratti pare un pittore dell’Otto- 297