IL GRANDE TORNEO — Era stata combinata in qualcheduno dei salotti facenti capo a Rufino? Montò su tutte le furie e gli scappò dalla penna questa pagina piena di sdegno e pervasa di stanco e accorato dolore : «Ah, madre mia, perchè m’hai messo al mondo? Povere opere dei mortali, sempre incerte e poveri sogni degli uomini destinati a finire là dove non dovreste finire ! » «I Greci mi traducono e i Latini m’appendono alla croce !» «Taccio e in una lettera apocrifa, a cui apposero la mia firma, mi fanno sconfessare quella mia traduzione della Bibbia che è tra le opere più care che siano mai uscite dal mio cervello» (1). E giù altri colpi che parean mazzate. Ma Rufino sotto quei colpi non si accasciò. Duro anche lui come l’acrocoro della Dalmazia, non solo resistette, ma tornò al contrattacco, con una lettera che vorremmo non avesse visto mai la luce. Gerolamo rispose con un urlo e il duello entrò nella sua fase culminante e drammatica. (1) EpUt. CII ; A poi. Il, 24. 256