ADDIO ROMA Raggiunto il porto, s’indugiò alcun poco con gli amici che gli si pigiavan sempre più d’attorno, là sulla calata. Era elettrico e pareva che s’addentasse il cuore per costringerlo a tacere. — Amici e ammiratori, consentite che vi congedi e, rimasto solo, sfoghi liberamente la tempesta che gli rugge in seno... Misurato con quattro passi rapidi il pontile, fu a bordo. E, presa la penna, scrisse a Roma quel celebre addio che, valicati quindici secoli, è giunto fino a noi: «Asella (1), quanto m’avete offerto, può esservi contraccambiato solo dal Signore». «Come avrei potuto credere che voi nutriste per me una devozione così grande?» «Nonostante che alcuni mi voglian giudicare pieno d’ogni iniquità e scellerato, voi mi conservate la vostra stima e il vostro affetto» . «Sono — dicono — un delinquente, un furbo matricolato, un dissoluto...». «Alcuni, dopo avermi baciate le mani, con lingua da vipera dicean di me le più vitupere- (I) Nobile romana. 170