IL GRANDE TORNEO E allora ecco l’autodifesa dagli altri attacchi che ingranammo sopra. E’ d una dialettica serrata come morsa ; d’uno sdegno che incendia le pagine più grandi e d’un impeto che travolge la mente del lettore, facendolo assistere al duello, come se gli si svolgesse sotto le finestre. — Ah, noi t’abbiamo aggredito come un grassatore aggredisce ad uno svolto di strada un viandante... Dove? Forse nella nostra lettera a Pammachio? Ma, fummo tanto buoni e riservati, che, pur essendo a giorno di quanto avevi perpetrato in Roma, ai nostri danni, non scrivemmo contro di te neppure una parola... Quella lettera è una pacatissima difesa della nostra persona da quell origenismo che ci attribuisci, con tanta mala fede. Rileggila e non vi troverai neppure l’ombra del tuo nome... Io sono — tu affermi — un celebre spergiuro. E lo provi col celebre sogno che, febbricitante, feci ad Antiochia ventisette anni fa... Promisi di non toccare più un «classico» e poi tornai a Plauto, a Virgilio e, specialmente, a Cicerone ! Pazzo da catene ! Non sai tu che il profeta severamente vie- 254