LO STUDENTE DELLA CAPITALE famigerato editto di Giuliano (362), che imponeva ai professori di Stato di rinnegare Cristo o di lasciar la cattedra, avea preferito la sua fede al soldo dell’imperatore. E s era ritirato dignitosamente da quell’insegnamento che gli avea meritato una statua nel foro, e una bella fama per tutte le terre dell’impero. Ma, più che il nome del maestro, c’interessa di conoscere i progressi dell’eccezionalissimo scolaro. Alla scuola di Retorica ci si trovava come in casa sua. Avea tutte le doti del brillante parlatore: statua magra e nervosa, voce calda e pieghevole come un giunco, gesto coloritore, pieno di magia, testa ricca di pensiero, spirito scintillante di verve indiavolata e discorso infiorato di boutades. Così, quando, azzimato come un damerino, appesa alle spalle la toga, si faceva a declamare davanti al retore e ai compagni, infallantemente scrosciavano gli applausi. L’ordinamento scolastico del tempo portava, dopo il corso di Retorica, quello di Filosofia. Non era nato per essere un filosofo, ma aveva troppo ingegno, per non capire che uomini come Platone, Pitagora e Aristotele, mentre arricchiscono la intelligenza, fanno più 52